Carlo Bertoldi (a sinistra), professore associato di Parodontologia presso il Dipartimento Chirurgico, Medico, Odontoiatrico e di Scienze Morfologiche con interesse Trapiantologico, Oncologico e di Medicina Rigenerativa dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, insieme con Pierpaolo Cortellini, socio attivo della Società italiana di parodontologia e implantologia (Sidp)
Anche in parodontologia, i tratti della personalità del paziente possono influire sul risultato delle terapie. È quanto sembra suggerire uno studio condotto da un gruppo di ricercatori italiani, pubblicato sulla rivista Acta Odontologica Scandinava.
La ricerca, coordinata da Carlo Bertoldi, professore associato di Parodontologia presso l’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, insieme con Pierpaolo Cortellini, socio attivo della Società italiana di parodontologia e implantologia (SIdP) e Marco Venuta (psichiatra), ha coinvolto 40 pazienti con gengivite o parodontite di grado moderato. Sottoposti a trattamento parodontale, i pazienti sono stati rivalutati dopo 18 mesi, alla luce dei tratti della personalità rilevati attraverso un questionario ad hoc.
Uno studio originale
Nella malattia parodontale, patologia cronica di cui non si conoscono ancora tutti i meccanismi eziologici, il fattore “umano”, fisiopatologico e comportamentale diventa preminente, essenziale. “Sappiamo che un ausilio comportamentale professionale psicologico, mediante l’attuazione di opportuni e personalizzati percorsi comportamentali”, spiega Carlo Bertoldi, “facilita e migliora la riuscita della terapia parodontale. Si sono studiati anche gli effetti di taluni “fattori di affettività” come ansia e depressione in rapporto all’omeostasi del parodonto, ma poco si è ricercato circa i tratti di personalità dei soggetti. La personalità è a tutti gli effetti un’entità bio-psico-sociale che caratterizza ciascuno di noi, assai più stabile di un fattore di affettività e che ci accompagna per l’intera nostra esistenza. Da qui l’importanza di valutare il significato clinico dei tratti della personalità in rapporto a patologie che convivono anch’esse con il paziente per tutta la vita e che possiamo attualmente solo cercare di mantenere ad uno stato clinico latente, con predittività scientifica”.
Cosa è emerso dalla ricerca
“Da questo studio condotto in collaborazione con Pierpaolo Cortellini, Marco Venuta e diversi altri ricercatori”, spiega Bertoldi, “è emerso che essere “positivi” ma allo stesso tempo realistici potrebbe proteggere la salute parodontale; al contrario tratti di personalità che portano gli individui a cogliere con maggiore difficoltà i più fini contorni della realtà in una sorta di ripiegamento su se stessi, o le personalità che portano l’individuo più primitivamente a semplificare e a faticare nel cogliere la complessità e di ciò che sperimentano all’esterno e nel proprio mondo interiore, possono ridurre l’efficacia della terapia parodontale”.
Tuttavia, fa notare Bertoldi, la personalità può influenzare anche i fattori di affettività e tanto altro. “Esistono studi”, spiega, “che pongono in relazione la sfera psicologica con quella dell’immunocompetenza, dell’endocrinologia, della flogosi e ancora altro. Il tratto di personalità poi caratterizza il paziente prima della terapia e dopo la terapia e non solamente durante la fase terapeutica attiva. Esso influenza quindi anche la situazione del paziente nel momento in cui si presenta al parodontologo e come il paziente sarà dopo che la fase “attiva” della terapia parodontale sarà terminata per lasciare il posto alla necessaria e successiva fase “di supporto”, costituita da monitorizzazione, controllo ed eventuali “richiami” terapeutici””.
Organismo, personalità e ambiente
I tratti della personalità, quindi, secondo i ricercatori, non costituiscono semplicemente “carattere”, comportamenti, ma molto di più, sono la nostra storia ed anche il nostro futuro….. forse non solo nell’ambito della “vita di relazione”. “L’essere umano non è in realtà costituito in “scomparti chiusi”, indipendenti uno dall’altro”, spiega Bertoldi, “l’organismo nella sua interezza è interconnesso e, ancora di più, soprattutto tramite la personalità, è interrelato con l’ambiente che circonda il singolo individuo. Questa ricerca porta, infine, a confermare questa visione “globale”, generale anche in parodontologia“.
Cosa deve sapere chi esercita la parodontologia
La strada è ancora lunga per comprendere attraverso quali fini meccanismi il tratto di personalità possa nei diversi casi espletarsi nel controllo della infiammazione parodontale. “Il parodontologo però deve sapere che determinate combinazioni di personalità”, spiega Bertoldi, “costituiscono uno svantaggio nel controllo clinico della salute parodontale. Tale “svantaggio” deve essere conosciuto anzitempo e ovviato portando al meglio, in rapporto al singolo paziente, l’”attentività” del trattamento e la qualità dello stesso. Potenzialmente comunque tutti i pazienti, con qualunque tipo di tratto di personalità indagato, sono conducibili verso un livello comportamentale corretto nei confronti della terapia impostata, ad un livello di “compliance” molto buono. Si consideri però che in questo studio si sono considerati i tratti di personalità e non i disordini di personalità i quali entrano, invece, nella sfera della patologia psichiatrica”.
Verso una terapia sempre più personalizzata
La terapia in parodontologia non può essere troppo “incasellata”, non esiste un manuale di “ricette” che si addica ad ogni singolo caso. “Siamo diversi uno dall’atro”, dice Bertoldi, “i tratti di personalità che ci contraddistinguono sono differenti per cui nell’ambito di quelle che sono le generali linee guida della parodontologia alle quali è doveroso rifarsi, ogni caso è un caso a sé stante e la terapia va ottimizzata in rapporto a questo. La patologia parodontale, che è l’oggetto dei nostri studi di parodontologi, un po’ ci “assomiglia” ed assomiglia ai pazienti nel senso che deve essere “personalizzata””.
Fonte: http://www.ildentistamoderno.com