È importante considerare in maniera sistematica la terapia parodontale non chirurgica – scaling e root planing (SRP) – perché ad oggi costituisce lo standard nella rimozione del complesso microbiologico responsabile della patologia infiammatoria del parodonto. Nel contempo, negli ultimi anni si è assistito a un accresciuto interesse nei confronti dei nuovi trattamenti antibatterici da impiegare come supporto (in virtù dei limiti dell’antibioticoterapia sistemica) a quello basilare e, in prospettiva, come alternativa clinica.
La terapia fotodinamica (PDT) si basa sull’impiego di composti fotosensibili che, quando esposti alla luce diventano reattivi nei confronti di determinati tipi cellulari. Trova principale impiego in ambito dermatologico. Viene detta aPDT l’applicazione della metodica nel trattamento di infezioni microbiche localizzate. La procedura si compone di tre fasi consequenziali:
(1) il fotosensibilizzante lega le membrane batteriche, con il risultato di una colorazione selettiva delle cellule target
(2) il fotosensibilizzante viene attivato mediante l’esposizione a un fascio luminoso coerente (laser) o meno (LED) a precisa lunghezza d’onda
(3) in presenza di ossigeno la reazione porta alla liberazione di radicali liberi (ROS) dal forte potere ossidante, in grado di distruggere le stesse pareti cellulari batteriche.
La metodica, anche grazie allo sviluppo di emettitori di onda luminosa sottili, è documentata in ambito odontoiatrico, principalmente in endodonzia e, appunto, parodontologia.
Le sostanze fotosensibilizzanti qui applicate appartengono al gruppo delle fenotiazine cationiche, le quali hanno dimostrato attività battericida su specie Gram- tra le quali diversi parodontopatogeni – compresi P. gingivalis e A. actinomycetemcomitans – come dimostrato sia da studi in vivo che da studi in vitro su modello animale. L’utilizzo clinico prevede il ricorso alla metodica come adiuvante della SRP.
Il presente articolo vuole riassumere alcuni degli aspetti di maggiore interesse clinico presenti sulla lunga trattazione pubblicata su queste stesse pagine, nel 2014, dal dottor Claudio Mongardini, il cui gruppo di lavoro aveva condotto uno studio split mouth sull’argomento. L’indagine aveva coinvolto 30 soggetti con parodontopatia cronica in fase di terapia di supporto, con tasche residue di 5 almeno 2 mm su quadranti opposti: una di esse è stata trattata con SRP (controllo), l’altra con SRP + PDT con sistematica LED. L’analisi PCR di campioni microbiologici dei due gruppi ha dimostrato come l’aggiunta della terapia fotodinamica portasse al 68% la riduzione dei batteri del complesso rosso, che nel controllo si ferma al 4%.
Gli stessi Autori ammettono comunque la presenza di dati clinici contrastanti. Successivamente all’articolo a cui si è fatto riferimento, altri studi clinici sono stati pubblicati. Segarra-Vidal (2016) non riferisce miglioramenti significativi rispetto alla sola SRP nei soggetti con parodontologia da moderata ad avanzata, come anche Tabenski (2017), che considera soggetti con tasche parodontali profonde. Al contrario, Ahad (2016) riferisce indicazioni positive riguardanti il controllo dell’infiammazione gengivale proprio in presenza di tasche profonde. Da ultimo, Raj (2016) ritrova miglioramenti significativi con la terapia adiuvante sia dal punto di vista microbiologico che per quanto riguarda tutti gli indicatori parodontologici (PI, GI, PD, CAL).
In ultima analisi, Joseph (fine 2017) ha pubblicato una revisione sistematica della letteratura, i cui risultati confermano il potenziale della aPDT come adiuvante alla terapia non chirurgica della parodontite cronica, comunque rimarcando l’eterogeneità dei lavori disponibili e la necessità di ulteriori studi per avvalorarne un utilizzo routinario.
Riferimenti bibliografici
http://www.ildentistamoderno.com/la-terapia-fotodinamica-in-parodontologia/